“VOX CORDIS” dI Arezzo: una corale per un mondo nuovo.            [ verso altri orizzonti ]


“Rare sono le opere in presenza delle quali abbiamo occasione d’essere”   

Henri Maldiney

 

Nell’ambito del Festival Pergolesi Spontini di Jesi, venerdì 14 settembre 2012 alle ore 21, nella Pontificia Basilica della Santa Casa di Loreto, l’ensemble vocale “Vox Cordis”, diretto da Lorenzo Donati, ha intonato “Sub Tuum Praesidium”, un concerto in collaborazione con la Delegazione Pontificia della Santa Casa di Loreto - sul millenario percorso di trasfigurazione dei canti monodici mariani, con brani dal gregoriano ai giorni nostri, passando per Gaspare Spontini di cui è stato eseguito il Dominum salvum fac Regem nella trascrizione di Donati per coro, violoncello e organo. Suonano Alessandro Culiani (violoncello) e Simone Baiocchi (organo).


 

Incanto 

 

Entro, convinto di assistere ad uno dei tanti concerti di qualità, che si tengono presso il Santuario di Loreto, “teatro”, ogni anno, tra l’altro, della Rassegna Internazionale di Musica Sacra "Virgo Lauretana".

Non potevo immaginare ciò che sarebbe successo.

L’iniziale disporsi dei coristi all’ingresso e lungo le absidi laterali, mi ha subito riportato alla mente uno specifico del Festival “Cantar Lontano”, di cui è Direttore artistico il Maestro Marco Mencoboni.

Da diversi anni il Santuario è una “tappa” del Festival, ed è stato lì che ho conosciuto il “cantar lontano” come una modalità di esecuzione del passato, per la quale i cantori si disponevano lontano dalla vista dei presenti o in cantorie in alto (Mencoboni li ha anche fatti salire sopra la S. Casa), per cui si creava un clima di ascolto particolare e suggestivo.

Inizia il concerto, le voci si propongono e “rimbalzano” dai vari punti.

Voci maschili, in fondo, e femminili, diffuse.

Un brano gregoriano, il “Salve Regina”,

Le coriste tengono in mano una candela. Una di loro, non lontana da me, noto che è incinta: sorrido.

Le coriste sfilano verso l’altare centrale, lasciando le candele su delle balaustre.

Il concerto prosegue.

La gente non applaude, forse nel timore di sciupare un incantesimo.

Verso la metà del concerto, con il coro disposto sull’altare, mentre il canto procede con il “Credo”, dello stesso Maestro Lorenzo Donati, noto uno strano movimento: i coristi sembrano ondeggiare e poi si muovono e vengono in mezzo a noi, “circondandoci”.

Il canto è intenso, lento, e inizia a diffondersi, ne siamo avvolti.

Con i cantori che continuano a muoversi tra gli spettatori, sento nascere una emozione crescente, intensa, profonda.

Voci su voci, maschili, femminili, e ancora e ancora, come onde sonore, come onde del mare, mi lambiscono, mi entrano dentro, carezzevoli e vibranti.

Nella Chiesa si è creato qualcosa di impalpabile e evanescente al tempo stesso, che aleggia sopra di noi.

Sento arrivare le lacrime, a stento trattenute, ma voglio che sia quello che deve e vuole essere, voglio lasciarmi toccare, “risvegliare”.

Il luogo è oramai come “trasfigurato”, incantato. Si perdono i confini e le definizioni.

Sta succedendo qualcosa di insolito, straordinario, unico.

Il canto prosegue, intenso, a lungo. Sembra quasi un “farmaco” potente, un balsamo, che parla all’intera persona, con un coinvolgimento che va bel al di là del “semplice” apprezzamento estetico.

Siamo calati all’interno di un “utero” di suoni e voci, che sa di “magia”.

Lentamente l’intensità si placa, si fa lieve, delicata.

I cantori tornano all’altare.

Ho la sensazione che anche noi siamo “trasfigurati”, mentre torniamo in noi stessi, ancora increduli, scossi, dopo questo “volo”, questa immersione, assolutamente imprevedibile.

 

Piano piano anche la mente sembra ritrovare la capacità di pensare, di articolare qualche riflessione.

“Che bello !”, riesco a dirmi.

Qui non si è più in una “semplice” dimensione musicale.

Così mi viene da pensare che c’è un’altra umanità possibile, che i confini che ci diamo non sono più proponibili, che l’immaginazione non è fantasia, ma l’araldo dell’infinita ricchezza praticabile dagli esseri umani.

Qualcosa che può contribuire a cambiare una vita, o forse una comunità, capace di toccare anche le pelli più coriacee.

Penso anche a quanto bene un concerto simile potrebbe portare a persone che hanno magari vissuto una delle tante esperienze traumatiche che, uomini superficiali e aridi, hanno il vezzo e la stupidità di regalarsi a vicenda.

Penso ai bambini traumatizzati dal terremoto, dalla guerra e alla capacità di una simile “musica” di riaprire i cuori, di sciogliere il dolore, il pianto, le ferite incistate nell’anima, di ritrovare pace e sorriso.

Di quanta Bellezza possiamo essere capaci !

 

Il concerto prosegue, mentre si è oramai consolidato dentro un vivo senso di gratitudine riconoscente: GRAZIE !

E’ sicuramente il concerto più intenso e coinvolgente a cui io abbia mai partecipato, un autentico DONO, inatteso e caldamente, sinceramente gradito.

Istanti che restano nella pelle, come una perla preziosa, che elevano l’anima verso orizzonti sconfinati, verso le radici più intime e vere della sacralità della nostra vita.

E ancora mi accompagna, e sento, un gorgogliare di fresche acque… 

 

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Creature

 

Con mani giunte pregheremo il cielo,

con braccia aperte lo invocheremo,

con la gioia e con le lacrime,

con le mani sul cuore,

impareremo a dire

il grazie che trabocca dall’anima

e dalla nostra dignità di creature.

 

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Siamo stelle


Siamo stelle, traboccanti d'amore, che parlano, ridono, giocano.

Siamo occhi aperti su questa vita, cullata dal vento.

Siamo mani che invocano tenerezza e gioia, calore, rispetto, dignità, che chiedono di non perdersi in un buio sconfinato, nel deserto della disperazione cieca.

Dalle nostre gole mute, un giorno è sgorgata la parola, per dire della gioia e del dolore.

Con trepidazione e incredulità prese forma quel primo suono, che ebbe il potere di dire al cielo che eravamo lì e non volevamo essere dimenticati.

Guarda anche me, anche noi.

Eravamo corde mute, dalle infinite melodie, eravamo mille colori, mille parole, mille gesti pronti a schiudersi.

Eravamo le finestre di una casa che sognava la luce.

E che sapiente maestra sono state le lacrime, nel loro silenzioso scavare voragini, nel loro rendere permeabile e trasparente l'anima.

Anche un fiore, un solo piccolo fiore prende a volte la parola, per dirci della magia della vita.

 

Forse è proprio vero: siamo fiori dell'infinito ... 

 

Attraverso tali esperienze può sicuramente crescere la consapevolezza della Grazia, della Bellezza, della Sacralità della Vita.

 

Luciano Galassi   (15 settembre 2012)