LA SCUOLA, INSEGNA LA "VERITÀ" ?

 

Intorno ai vent'anni lessi alcuni libri di Sigmund Freud.

Per me quello che stavo leggendo era "vangelo" indiscutibile, assoluta "verità".

Se qualcosa sembrava non corrispondermi, il "problema" ero io, mai Freud.

Anche per un analista freudiano, che conobbi, e una insegnante universitaria, quello di Freud era il "verbo".

 

Sono passati molti anni e le cose sono radicalmente mutate, dentro di me.

Oggi, se una cosa non mi corrisponde, NON MI CORRISPONDE, punto !

Si dirà che si tratta di un processo "naturale", e che a vent'anni non si posseggono ancora esperienza e discernimento... tuttavia c'è un piccolo "tarlo".

La scuola, a che cosa mi aveva addestrato ?

Forse all'utilizzo di una capacità critica, a nutrire il dubbio ?

Tutt'altro !

La scuola forniva solo "pacchetti di verità", da mandare a memoria, strutturando un modello di pensiero conformato alla passività.

Si può sostenere che non avrebbe potuto essere altro che così, che ci vogliono "punti fermi", che certi contenuti sono certamente "verità", che la scuola è depositaria di cultura, saggezza, scienza e civiltà.

Eppure il "tarlo" non si acquieta e chiede ancora la parola.

Non avrebbe dovuto esserci, tra gli obiettivi che la scuola si era prefissa, anche l'addestramento a pensare con la propria testa, a mettere in dubbio, ad andare "oltre" l'acquisito, a conquistarsi la propria autonomia ?

Del resto, quante luminose "conquiste", nella scienza o in altre discipline, sono state superate, modificate, contraddette ?

Oserei dire che "dubitare" è forse l'elemento costante, insieme al mutamento.

Eppure la scuola è "granitica", e ritiene di svolgere la sua funzione formando "chilovatt'uomini", piuttosto che individui critici e dubbioso. Automi, invece di esseri autonomi.

Ma così, a cosa, a chi serve la scuola ?

 

Da una scuola che non sia, anche e contemporaneamente, fucina di ricerca e di progresso (invece di istituzione "ingessata" e faro di immutabilità) che cosa ci si può attendere ?

Una scuola viva, non dovrebbe anche strutturare un proprio percorso educativo, senza attendere passivamente, sempre e soltanto, le direttive delle circolari ministeriali ?

 

Ma "la Scuola" ha anche dimostrato ampiamente di essere una grande esperta di trasformismo, ossia del cambiare tutto perché non cambi niente.

Un fulgido esempio lo si è avuto con i "Decreti Delegati" e la istituzione degli "Organi collegiali", quando, sulla scia delle novità portate dal "sessantotto" (e, qualcuno sospetterebbe, anche per "sterilizzarle”), si mise in atto un esemplare, quanto vuoto "teatrino della democrazia" (pari a quello del "Consiglio comunale di ragazzi"), con tanto di elezioni, dove le famiglie, debitamente guidate, avevano finalmente la mirabolante opportunità di decidere... il colore delle pareti dell'atrio scolastico, oppure - colmo dei colmi - di organizzare la festa di fine anno !

E patetici "Presidenti"...

Chi avrebbe mai avuto il coraggio, figli alla mano, di contestare, criticare, avere qualcosa da dire sulle "sacre pietre miliari" della didattica, dei contenuti o degli obiettivi ?

 

"Giocate alla Democrazia, se volete, ma lasciateci lavorare [ per voi ] in pace !"

 

"Lettera a una professoressa", della scuola (quella sì !) di don Lorenzo Milani, gli fa proprio un baffo !...

 

Gli è che il "Popolo sovrano" non sembra ancora aver perso il reverenziale timore dell'Autorità, e preferisce "lasciarsi guidare"... oppure, rovesciando le parti, si apprezzano forse di più e si formano cittadini timorosi e controllabili, piuttosto che sovrani …

E "stranamente" le istituzioni appaiono spesso in abissale e rigido ritardo rispetto all'evoluzione spontanea della società civile. Assomigliano di più a “frenatori” che a sollecitatori di crescita e progresso …

 

Luciano Galassi

(2 luglio 2012)