Omaggio a Jean-Marie Kerwich


Ho conosciuto recentemente il lavoro "poetico" di Jean-Marie Kerwich (1952-2018), grazie ai testi e all'apprezzamento di Cristian Bobin (1951-2019).

Dai suoi libri, tradotti in italiano ["Il vangelo dello zingaro" (Ed. AnimaMundi) e "L'angelo che zoppica" (Ed. Sanpino)] me ne è derivata l'impressione di una persona sincera, profonda, umile, autenticamente umana, in ricerca e in cammino.

Come segno di gratitudine, ho voluto dedicargli alcuni miei pensieri, ispirati dalle atmosfere dei suoi testi.

 

E la Ragione stabilì che non ci doveva essere posto per nessuna assurdità. Arruolò guardie e stabilì sanzioni. Così l’Assurdità si nascose dentro i pozzi e in mezzo alle fratte. Solo di notte si avventurava per le strade, intonando canti infuocati verso l’interno di sé, che nessuno sentiva. E ogni tanto si domandava come mai non ci fosse posto per lei, e si consentisse ogni guerra.

 

Forse tutto ha uno sguardo in questo mondo, capace di penetrare le montagne. E tutto ha un nome leggero, ma inaridisce appena pronunciato. Così pure, tutto ha mani, cucchiai per le lacrime e per accarezzare il mondo. E c’è perfino chi paga per avere la sua quotidiana dose di stupidità.

 

E il vento si affretta ad accarezzarci il viso: Dio è troppo impegnato a distribuire schiaffi.

 

Cammina veloce, su antichi sentieri, lo spirito di Dio. Sta ancora cercando il suo vecchio Adamo, per domandargli che ne è stato del mondo che aveva creato con pieno entusiasmo, e per comprendere il motivo di così tanto buio.

 

Ci sono mani pronte ad accogliere le gemme della vita, i germogli della fecondità. In perfetto silenzio, prima che arrivi l’uragano umano.

 

Chissà se siamo un po’ tutti alla ricerca della nostra strada smarrita, quella dove fioriva la gioia di essere qui?

 

Ho colto il raro momento in cui un istante di tiepido sole ha fermato magicamente il tempo.

 

Anche i semi dell’umano, si vanno inaridendo.

 

Un raggio di sole sta nutrendo un prato verde e un albero.

 

Il mosto che gorgoglia nella botte, lancia il suo spirito verso il cielo.

 

E c’è chi si colloca, spavaldamente, proprio sul ciglio del disastro.

 

Se dovessi vendere la tua vita, per quale prezzo lo faresti?

 

Mentre cammino, il mondo cammina insieme a me.

 

Forse posso inanellare scarne parole: e se fossero sacre, come rosari?

 

E se Dio ci avesse creati per essere o diventare degli alambicchi di gioia?

 

Splendide le parole, uscito da una brocca d’oro. Fanno un bel girotondo, tenendosi per mano.

 

Nell’immenso silenzio d’un universo senza radici o appigli, fiorisce ogni cosa.

 

Si è palesata un’anima, col dono del suo sorriso, batteva le manine, col cuore mai diviso.

 

Siamo qui a fare mille progetti, mentre la vita, semplicemente, accade.

 

Rido, dunque sono!

 

La vita è una santa avventura, ma cela i suoi doni, come la terra i diamanti.

 

Beati coloro che arano i campi dell’armonia.

 

Mi sono chinato, per raccogliere tutta la tristezza che colava dal cuore.

 

In alto, sulle braccia della madre, sembrava il re del mondo.

 

Con un pelouche in mano, aveva tutte le chiavi della fantasia.

 

E ci fu un’invasione di bambini: vennero come marziani, e poi li facemmo diventare come noi, a forza di sb…aci!

 

Quel giorno il sole, con un travolgente e dilagante entusiasmo, ci baciò sulla fronte.

 

E vola il libero vento lungo le strade dell’infinito, batte col nostro stesso cuore, si scioglie in un sorriso.

 

E d’un tratto l’attenzione si è eclissata, appagata e non più motivata, si è abbandonata ad un vivo e ristoratore riposo.

 

Apre i suoi petali, il fiore dell’aurora. Scorre dentro di lui la luce della speranza e della fiduciosa attesa.

 

L’universo è un tenero ricamo, di fine maestria e luminosa accoglienza, per cuori teneri e innamorati.

 

Se tutto è vivo… quanto sei bello, albero, d’inverno! I tuoi nudi rami sono braccia che si protendono verso il canto del cielo.

 

La gioia e l’autenticità della vita, sono proprio qui e adesso, o in nessun altro luogo.

 

La poesia ci aiuta a sciogliere la lingua, a pronunciare le nostre libere parole e a ritrovare la voce, meravigliata e riconoscente, della nostra carne e della vita.

 

E’ fiorito di nuovo il giorno, per una volta ancora, ma pochi se ne accorgono, chini sulle proprie irrinunciabili e vane scadenze.

 

Ci sono perle nascoste, che attendono il nostro passaggio e sperano così di aprirsi alla luce e di camminare con noi. Hanno da consegnarci un importante messaggio, che da tempo attendevamo, ma ignoravamo dove e quando.

 

Raccolto tra le mie braccia, le ho scoperte dolenti, come per una carezza che non mi sono dato. Ma c’è sempre tempo.

 

Ridono, le mie parole, per la ritrovata libertà. Parole nutrienti, forse più del pane.

 

Una briciola di sole mi è giunta a sfiorare le labbra, sembrava un fiocco di neve al dolce gusto di fragola.

 

Finalmente la gioia è scappata dalla prigione, come un campo di tulipani, fioriti tutti assieme.

 

Ho scoperto la Libertà, affiancata alla mia spalla, è venuta a fare festa, e scodinzola di gioia. E subito ecco arrivare l’acqua e il vento, e tre farfalle colorate, misteriosamente attratti. Il cielo, anche lui per esserci, accese metà delle stelle, in pieno giorno.

 

LUCIANO GALASSI           (Febbraio 2024)