RECANATI: liceo, festa fine anno scolastico 2015/2016
Eccoli i ragazzi veri, spontanei, felici alla fine dell'anno scolastico...
Nel 1951 così scriveva Mario Lodi nel suo libro "C'è speranza se questo accade al Vho":
«A volte, dalla finestra, li osservo quando escono sulla strada: oltrepassata la soglia è un libero volo, le bocche mute parlano e gridano: sono felici. Indubbiamente per questi ragazzi la scuola è sacrificio; il loro comportamento passivo lo dimostra. Ma qual è la causa? È facile attribuirla alla scarsa volontà e al carattere dei ragazzi; e se fosse altrove, ad esempio nell'organizzazione della scuola stessa? [ ... ]
Osservare i ragazzi mentre giocano sulla strada o nel cortile ignorando la mia presenza, è sconcertante: c'è in loro un'aggressività ricca di fantasia, un comportamento libero un linguaggio scarno ma incisivo, e una felicità motoria. [ ... ] È il bambino eterno, libero, vero, ricco di vitalità e di fantasia che esprime se stesso. La campana della scuola distrugge quello stato felice ed eccoli fra i banchi, a vivere l'altra vita, quella dell' "obbligo", più o meno rassegnati ».
Credo si possa tristemente sostenere che molto poco è cambiato da allora.
Anche questi studenti liceali sembrano la rappresentazione di una stretta corrispondenza con ciò che Mario Lodi scriveva a suo tempo.
Quanta parte di quella energia straripante, gioiosa, coinvolgente, felice – autentica “dinamite” - , riesce ad "intercettare" la scuola ?
Quella che si è mostrata i miei occhi era una sorta di festa della "liberazione".
Basterebbe che la scuola riuscisse a captare un 20% di quella energia, per produrre mutamenti radicali nella scuola e nella società.
Ma la scuola sembra ostinatamente incapace di produrre una sincera riflessione su se stessa, sui suoi obiettivi e modalità.
Si interroga forse la scuola su quella gioia così palesemente visibile ?
Perché tra i suoi presupposti continuano ad esserci solo l'impegno, il sacrificio, la volontà ?
Perché lo studio e il piacere, la gioia, debbono essere così incompatibili ?
Perché lo studio non potrebbe essere, a sua volta, fonte di gioia ed entusiasmo?
E non sarebbe ora di mandare in pensione i programmi ministeriali uguali per tutti ? Non sarebbe ora che la vita, quella di "fuori", entrasse prepotentemente nella scuola ?
C'è una frase di Mario Lodi, riferita agli insegnanti, su cui la scuola e gli insegnanti dovrebbero riflettere: «Ci formiamo a poco a poco l'anima del maresciallo».
Quanto l'attuale organizzazione della scuola finisce anche per frustrare le potenzialità e le capacità, la passione degli insegnanti, canalizzandoli dentro il suo modello così rigido ? L’insegnante non potrebbe incarnare il suo modello, quello della sua passione più vera, anziché adattarsi a ciò che la scuola gli chiede ?
Luciano Galassi
(6 giugno 2016)