TRA CONOSCENZA E MISTERO
La nostra vita si dipana tra la conoscenza e il Mistero.
Personalmente credo che tale condizione vada assolutamente conosciuta e rispettata.
Non mi trovo d'accordo con l'affermazione di Freud, "Dove c'è l'Es ci sarà l'Io", perché si tratta di una fuorviante e pericolosa illusione, tenacemente abbracciata da tanta scienza moderna.
E bisognerebbe chiedersi se l'aver realizzato la bomba atomica sia frutto della scienza o della follia di accecati apprendisti stregoni.
Non credo ci si trovi di fronte ad un "limite", che vada, necessariamente, forzato.
Tra la conoscenza e il Mistero non c'è una contraddizione insanabile, non si tratta di un limite che va scardinato a colpi di dinamite, non è infatti né un limite, né una contraddizione, bensì solamente la realtà dell'esistenza, dell'esistente.
E prima ne prendiamo atto e meglio sarà per tutti noi.
Del resto la conoscenza è un nostro attributo, che emerge certamente dalla vita, ma di cui la vita sa anche fare a meno.
La vita non chiede, infatti, il parere gli scienziati per dare forma a quella realtà, straordinariamente complessa e meravigliosa, che è un essere umano.
Certo noi, con tutti i nostri monitor, esami, ecc. ci sentiamo tanto importanti e necessari, ma la vita c'era anche quando non esisteva tutto il nostro armamentario.
C'è "qualcos'altro" che è all'opera, con una sapienza che lascia senza fiato.
Dunque è necessario, vitale, situarsi tra conoscenza e Mistero.
Tale collocazione ci fa prendere atto ed accogliere qualcosa che ci pone nel giusto punto di osservazione.
Così, di fronte al Mistero, sapremo essere grati e rispettosi, sapremo che è condizione necessaria, che si tratta della mano che regge il nostro cuore ed ogni possibilità che dimori dentro, accanto e insieme a noi.
Lo sguardo della scienza rischia sempre di essere parziale, settoriale e perciò potenzialmente anche "pericoloso", laddove l'esistenza è un fatto globale, che accade tutto insieme.
E dovremmo anche ricordare che se la scienza è proiettata sui fatti, sui dati di realtà, c'è una domanda di senso che riguarda la nostra vita, la ricerca di un significato, che non può esaurirsi nello spendersi per una causa, anche se importante, in un "fai-da-te" autoesaltante e "onnipotente".
Occorre comprendere che al centro non c'è la volontà e la sua visione parziale, e che "l'eroe" dovrebbe prendersi qualche momento di pausa.
Noi siamo, esistiamo, in un contesto che ci comprende e ci precede, che ci rende possibili.
Siamo "figli" anche se sogniamo o abbiamo l'incubo di voler essere "padroni".
Così, "pacificazione" mi pare il termine giusto per una condizione interiore auspicabile, dove "l'orgoglio", si stemperi in armonia, dove l'accettazione, l'accoglienza del Mistero, diventino il luogo della nostra intima "dimora", e cessi la lotta che l'umanità ha spesso attivato contro se stessa, e che può solo condurci a distillare veleni, anziché elisir di incantato e riconoscente stupore.
L'umanità attuale sta "girando in tondo", in un graffiante gioco al massacro che fatica tremendamente a vedere, ammettere e smantellare.
"Tornare bambini", potrebbe essere una auspicabile e praticabile via, oltre che un vitale "ravvedimento".
Pacificarsi con l'esistenza è diventato un obiettivo primario per tutti noi.
Luciano Galassi
(24 giugno 2012)