UNA CAPANNA, PROPRIO AL CENTRO DELL'UNIVERSO
Ci sono "richiami", “chiamate”, che, ad una visione superficiale, possono apparire irrazionali, "irragionevoli".
Ma questo appartiene ad una mentalità chiusa su se stessa e impermeabile alla vita e al suo mistero (e la scienza, nella sua pretesa onnipotenza, esclude tutto ciò che non rientra negli schemi che ha costruito per convincersi di avere tutto sotto controllo, e il mistero, sinceramente la infastidisce, anche se - mi dispiace per la scienza - è la realtà profonda dell'esistenza di tutto).
Personalmente mi sento felice e grato per tutto ciò che, costituendo una crepa nel muro della mente, permette di percepire ed osservare al di là del noto, e che ci narra qualcosa delle radici del nostro esistere.
Aderire alla "chiamata", può risultare straordinariamente arduo, anche in considerazione del fatto che la nostra mente viene modellata secondo un criterio di stretta e fanatica osservanza a tutto ciò che è "normale", tagliando via tutto ciò che non le corrisponde.
Così quante donne, nella nostra cultura, avrebbero aderito alla "chiamata" percepita da una mia amica, senza sentirsi (o essere definite da altri) "strane", "anormali" o, peggio ancora, "malate" e bisognose di "cure" ?
E che cosa avremmo, inesorabilmente, perso ?
Qui, invece non ci sono state critiche, né opposizioni, sia personali, che delle persone vicine.
Ma ora è tempo di rivelare come e secondo quali modalità è giunta la "chiamata" alla mia amica.
L'impulso è stato quello - essendo incinta della prima figlia, ora donna fatta - di abbandonare il letto coniugale per "ritirarsi" nel salotto, in una sorta di capanna da lei costruita, fatta di coperte e con in terra un materasso.
Sotto quella "tenda" dormì quasi tutto il tempo della gravidanza.
Questa è la notizia, asciutta asciutta, ma a me la sorpresa ha fatto suonare tutti i campanelli interiori, per "un mistero così sovraccarico" [ come dice Antoine De Saint-Exupery, nel suo "Il Piccolo Principe" ].
Sento una cosa del genere per la prima volta e credo che aderire alla "chiamata" possa essere, in se stessa, sufficiente per la richiesta del "mistero", tuttavia mi piacerebbe soffermarmi accanto alla sorpresa e vedere se ha qualcosa da aggiungere.
Certamente non posso affidarmi soltanto alla mente, che, al massimo, potrebbe sfornare ipotesi, tentare spiegazioni, così come è educata a fare.
Provo, invece, ad affidarmi a ciò che la sorpresa ha fatto risuonare dentro di me, e a far scendere in campo tutta la mia essenza umana, quella che tutti portiamo dentro di noi. E, insieme, l'immaginazione creativa e poetica.
A noi, che crediamo di dover spiegare e giustificare tutto, la costruzione di quella “capanna” non è funzionale a nulla, dunque è assolutamente “inutile” e “strana”.
Quante “stranezze” delle donne incinte, finiscono per essere “abortite” dalla nostra “civiltà” supertecnologica, sepolte sotto il diktat della “normalità” ad ogni costo, e di cui non sapremo mai niente ?
Ma quanto saprebbero dirci di noi, queste irruzioni di luce ?
Che cosa particolare quella “capanna” !
La prima considerazione riguarda la scelta della "solitudine".
È chiaro che la quotidianità continua "regolarmente", tuttavia c'è anche questa "solitudine".
La madre sceglie di essere "sola" con la sua creatura.
"Sotto le stelle"... mi viene da aggiungere, visto che l'immediato referente, quello chiamato a compagno, custode e testimone, è il cielo infinito.
E sarebbe stonato vedere, in quella permanenza, il rimando ad un rito antichissimo, ad una preghiera sgorgata da una sorgente profonda e trans-personale ?
E la futura madre [ mi si è appena posata vicino una farfalla, di quelle che hanno un battito d'ali velocissimo e che non avevo mai visto fermarsi ] a me sembra diventata come una sacerdotessa d'altri tempi, dedita al suo "rito". "Sacerdotessa" e amorevole custode di un processo sacrale che sta accadendo in lei. Un processo che appartiene alle profondità insondabili della vita.
Una “scelta” che parla di protezione e dedizione, verso la gravidanza e la figlia.
Si direbbe la creazione di un “cerchio magico”, uno spazio protetto, un recinto sacro.
La futura madre avverte la presenza della figlia, e percepisce interamente il privilegio che le è toccato in sorte.
Siamo di fronte a qualcosa che secoli di preminenza maschile, patriarcale, hanno stupidamente oscurato, privilegiando e attribuendo il primato alla forza, al potere, alla conquista, ai "muscoli".
Qui siamo di fronte ad un processo che non ha necessità di "forza", di tenace volontà.
Accade. È la vita che prende l'iniziativa, che "abbraccia" madre e figlia, che esprime e libera il suo "potere" creativo, lo stesso di ogni cosa che nasce e cresce.
Sarà forse per questo che il maschio adulto è raramente capace di stupore, di meraviglia.
Gli riesce difficile concepire che le cose fluiscano da sé, senza sforzo, dal momento che ha fatto, proprio di quello sforzo, il cemento, il luogo e lo strumento della sua precaria e a volte pericolosa identità.
L’uomo sembra avvicinarsi alla vita attraverso il primato della forza, della forza che viene da dentro [ un esplicito esempio riguarda la sfera sessuale ], ma, facendo confusione, e in mancanza di una guida o di una visione collettiva, finisce per credere che quella forza sia solamente sua, anziché della vita, e così quella percezione va a fortificare il suo orgoglio, anziché la sua riconoscenza e umiltà.
La forza maschile, può essere solo ciecamente ebbra di sé stessa ?
Se ne può, sicuramente, apprezzare tutta la bellezza e il “potere”, ma senza “qualcosa” che abbia un ruolo di moderazione ed equilibrio, possono derivarne serie conseguenze.
Il mondo, storicamente modulato dal maschile, sta mostrando tutti i suoi limiti.
Anche la donna, nella gravidanza, percepisce quella forza all’opera, ma si rende conto che appartiene a qualcosa di diverso dalla sua volontà.
Due sono le modalità o dimensioni complementari, che attengono al processo della vita.
Se il maschile sembra essersi differenziato, “specializzato” (dunque modulando anche la sfera fisica, così come è per la donna), nella produzione di “semi” e nella loro emissione, attraverso il “protendersi”, e la penetrazione, il femminile si apre, accoglie, contiene, protegge, nutre, e questo, durante la gestazione, ha un andamento “automatico”.
Una volta avvenuta la fecondazione, è come se fosse penetrato, all’interno del mondo femminile, una sorta di “comando”, di “istruzione” che mette in moto l’organismo della donna, in funzione della crescita e maturazione del feto.
L’organismo si mette “a disposizione”.
Ma accanto alle trasformazioni sul piano fisico, qualcosa accade anche a livello della consapevolezza, purché gli si presti attenzione.
La gravidanza è forse il momento in cui l'esistenza si svela alla donna e non solamente in quanto prende sostanza e forma una vita, ma anche perché le rivela il "segreto" del suo essere e operare.
Ecografie, esami, certo... ma chi è il vero custode e artefice della gravidanza?
La donna sente sulla sua pelle, nella sua pancia, la vita all'opera, giorno dopo giorno, secondo "l'anima" di quella.
E non c'è che affidarsi al respiro della vita.
E quale luogo migliore di una "capanna", solitaria e luminosa, proprio al centro della vita?
Qui si assiste al privilegio della vita che scende tra noi, che prende forma e che ancora ci benedice.
Chissà che non sia arrivato, per la scienza, il tempo di abbandonare la sua rigorosa fedeltà al suo metodo, per rischiare di "contaminarsi" con la poesia e il suo respiro.
Alla fine, la scienza si troverà a battere la testa contro il muro che ha, testardamente, edificato, ossia contro i suoi stessi limiti ?
Farneticazioni sacrileghe ?
Può darsi... può darsi...
Luciano Galassi
(martedì 10 luglio 2012)