C'era una volta, proprio in cima a una collina, un paese estremamente tranquillo.
I rapporti tra le persone erano gentili e tutti erano contenti.
Poi accadde qualcosa che mutò profondamente quella condizione.
In un pomeriggio di una giornata primaverile Renzo stava da solo nella sua cameretta ed era un po' annoiato.
Aprì la finestra, guardò le piccole nuvole che si muovevano leggere nel cielo azzurro e poi vide un signore che lentamente stava camminando per la strada.
Gli venne allora l'idea di attirare l'attenzione di quella persona sconosciuta, quasi per inventare un nuovo gioco.
Fece una pallina con del pongo e poi la lanciò verso quel signore. Renzo si aspettava che il signore gli sorridesse e lo salutasse amichevolmente.
La pallina colpì lo sconosciuto proprio sulla testa e, diversamente da quanto Renzo si era immaginato, reagì in maniera esagerata e rabbiosa.
Il signore si rivolse infatti a Renzo con queste parole: "Screanzato! Chi ti ha insegnato l'educazione?! Adesso ti aggiusto io!"
Dette queste parole si chinò a terra, prese il primo oggetto che gli capitò tra le mani - un tappo di spumante - e lo tirò con violenza a Renzo, che restò colpito proprio nel naso.
Dovete sapere che Renzo aveva sì sette anni ma provò un forte dolore e, sorpreso e sconcertato per quel comportamento inatteso, andò a riferire l’accaduto alla madre nella stanza accanto.
Renzo spiegò alla madre rapidamente quello che era successo.
La mamma corse subito alla finestra e disse allo sconosciuto signore: " Ma che razza di persona è lei, che tratta così mio figlio? Non le sembra di avere esagerato? "
Il misterioso signore fece un gesto stizzito, al che la mamma prese il primo oggetto che le capitò a tiro e glielo scagliò addosso.
L'oggetto, un piccolo gatto di porcellana, ferì il signore sulla fronte.
Reso ancor più rabbioso, il signore si chinò di nuovo, raccolse un sasso e lo lanciò verso le finestre della casa, rompendo un vetro. A quel rumore accorse il padre di Renzo che domandò
cosa stesse mai succedendo.
Renzo e la mamma gli spiegarono, pieni di agitazione, l'accaduto.
Il padre di Renzo si mise allora a urlare e a inveire verso il signore: " Cafone! Maleducato! Ma dove ha imparato a comportarsi? "
Non finii neanche a pronunciare queste parole che già stava lanciando un portacenere in direzione del signore, che lo scansò con un veloce movimento. Subito però raccolse un altro sasso e lo
lanciò.
Il caso volle che il sasso venisse deviato da un palo della luce e andasse a rompere un vaso sulla finestra dei vicini di casa.
La finestra si aprì immediatamente e si affacciò un grosso signore, che venne subito informato di quanto accaduto dai genitori di Renzo.
L'omaccione, con una voce profonda, si rivolse allo sconosciuto: " Come si permette? Mi sembra che non abbia ancora imparato a stare al mondo! Le sembra una bella cosa quella che ha fatto?
"
Detto fatto prese un piccolo vaso e rabbiosamente lo lanciò. Il vaso, però, non colpì il signore ma una donna che stava camminando con la borsa della spesa.
" Ma cosa sta succedendo quest'oggi ? " domandò.
Lo sconosciuto signore le rispose: " Quei genitori non sanno educare il proprio bambino e quel signore, grande e grosso, è proprio un gran violento! "
" Dunque meritano veramente una lezione! " aggiunse la signora, e si mise a lanciare verso le case le mele che aveva appena comperato, rompendo altri due vetri della casa.
Non pensiate che la cosa finisse lì, infatti si trovarono coinvolte diverse altre persone, sia dei passanti per la strada, sia altri a cui erano stati rotti i vetri delle finestre. Quella specie
di battaglia crebbe a vista d'occhio e arrivati al tramonto il paese risuonava di grida: " Farabutto! Delinquente! Ti insegno io a stare al mondo! Cafone! Imbecille! Cretino! Ti spacco la faccia!
Adesso ti do una lezione che non te la scordi! Te la insegno io l'educazione! Brutto ciccione! Naso a patata! La finirai ora di fare il gradasso! Adesso me la prendo una bella
soddisfazione! "
Si stavano accendendo le prime lampade lungo le strade e le voci si facevano sempre più forti e gli oggetti volavano da tutte le parti.
La cosa seguitò per giorni e giorni. La gente sembrava come impazzita e venivano fuori gli aspetti peggiori di ciascuno. La vita si modificò di conseguenza. Le persone ormai giravano con dei
sacchetti pieni di oggetti, pronti a lanciarli alla prima occasione.
Qualcuno fece degli scudi di cartone per proteggersi, qualcun altro si confezionò una specie di armatura di latta.
L'idea dell'armatura sembrò piacere molto e in breve tempo tutte le persone del paese andavano in giro con la loro armatura addosso, persino i cani e i gatti.
Mille erano gli abitanti del paese e tutti avevano la loro armatura.
La battaglia sembrava ormai inarrestabile. I fornai smisero di fare il pane i negozianti non vendevano più niente e persino le galline si rifiutavano di fare le uova.
Non era più possibile vedere un sorriso sui volti delle persone a causa degli elmi, né sentire alcuna parola gentile.
In un primo tempo la situazione non sembrava potesse cambiare.
I primi ad essere scontenti di quella situazione furono, tuttavia, i bambini.
I genitori infatti non si fidavano più a mandare i bambini a scuola né a giocare, per paura che potessero rimanere feriti da qualche oggetto scagliato, e così li tenevano chiusi in casa.
I bambini erano profondamente contrariati. Non potevano più giocare né, anche se lo avessero voluto, mangiarsi un bel gelato, a causa della armatura. E poi anche il gelataio era coinvolto
in quella assurda battaglia.
Renzo si sentiva triste e sconsolato.
Mentre guardava fuori dalla finestra vide, nella finestra del palazzo di fronte, la sua amica Lucia e la salutò con la mano. Lucia a sua volta lo salutò. Renzo sorrise contento dopo tanti giorni
cupi. Pensò allora di inviarle un messaggio con il telefonino.
“Io non ne posso più di questa situazione”, le scrisse.
“Neanch’io”, gli rispose Lucia.
“Cosa possiamo fare?”, chiese Renzo.
“Dobbiamo farci venire un’idea”, aggiunse Lucia.
Dopo essersi scambiati i messaggi i due bambini si misero a riflettere.
Mentre rumori, vetri rotti, imprecazioni e parolacce seguitavano, Lucia ebbe un’idea, che subito si affrettò a comunicare a Renzo.
“Perché non inviamo tanti messaggini ai nostri amici, invitandoli a manifestare il loro malessere con delle proteste scritte su foglietti ?”, propose Lucia.
“E’ proprio una bellissima idea. Cominciamo subito !”, rispose Renzo.
Così centinaia di biglietti iniziarono a piovere da tante finestre, finendo sulla testa dei corazzati passanti.
I foglietti che i bambini stavano gettando dalle finestre iniziavano tutti così:
" Noi bambini vogliamo dirvi che... ".
E così seguitavano: "Siamo stufi di andare in giro con queste maledette corazze. Non siamo più liberi di correre sui prati, di salire sugli alberi, di fare il girotondo. Non ne possiamo più
di non vederci in viso, di non vedere i nostri sguardi e i nostri sorrisi. Siamo stanchi di sentire soltanto parole cattive. Non c'è più allegria nel nostro paese ma solo violenza, parolacce,
imprecazioni. Vogliamo andare in giro senza armature, respirare liberamente, prenderci per mano. Allora noi bambini proponiamo ai grandi che si buttino via tutte le armature, e che si faccia una
grande festa, la festa dell'amicizia e della simpatia. Abbiamo visto che è brutto odiarsi, farsi del male, portare rancore, vendicarsi, non saper perdonare. La vita di tutti è diventata un vero
inferno e non possiamo più neppure gustarci in santa pace un bel gelato al cioccolato. Bisogna che tutti si impegnino a fare uno sforzo perché torni ad essere bello stare insieme, incontrarsi,
parlarsi, giocare. Non siete stanchi anche voi grandi di vivere così ? Noi bambini vi diciamo che è bello volersi bene, aiutarsi e sorridere l'un l'altro".
Questi erano solo una parte dei foglietti che si riversarono sulle strade.
Gli adulti non poterono che mettersi a leggere quei foglietti e riflettere che i bambini avevano sicuramente ragione. Allora il Sindaco del paese decise di far circolare una macchina con un
altoparlante per annunciare a tutti i cittadini che dal giorno seguente tutti dovevano andare in giro senza armatura e che dovessero sorridere e stringere la mano ad almeno cinque delle persone
che avrebbero incontrato uscendo di casa.
Il giorno seguente i cittadini, che avevano riflettuto sui messaggi scritti dai bambini, decisero di fare come il Sindaco aveva suggerito e finalmente tutti tornarono a camminare liberamente per
le strade, con grande sollievo e felicità.
Come i bambini avevano indicato, fu deciso di fare una grande festa, la festa dell'amicizia.
Si ritrovarono allora tutti nella piazza grande del paese e al suono della banda fu legato un grande cartello a dei palloncini, con su scritto: " Da oggi vogliamo tutti vivere in amicizia, senza
offendere più nessuno né maltrattarlo. Ci sforzeremo di non litigare e di volerci bene ". Poi i palloncini volarono in cielo portandosi dietro quel prezioso proponimento.
Ai bambini furono offerti dolci e gelati a volontà e il Sindaco stesso li ringraziò pubblicamente per la loro saggezza e per aver restituito il paese alla più grande serenità.
Dimenticavo: con il metallo delle armature fu costruita una bellissima giostra che seguita ancora oggi a girare, con grande allegria, per la gioia dei bambini.
Luciano Galassi