IL BAMBINO VIVE NELL'INFINITUDINE
(La gioia dell'infinito)
A quei "marziani" dei bambini
Per il bambino la "realtà" (una "realtà" unica, interno-esterno) è "infinita", come un serbatoio pieno di possibilità. È un infinito di possibilità.
Questa è una delle stupende ricchezze dell'infanzia, che dovrebbe aiutarci a cambiare occhi su questa età della vita, ad averne più rispetto.
C'è un piccolo-grande "massacro", a cui ci siamo tutti assuefatti, tanto da non scorgerlo neppure.
Mi riferisco alla perdita dell'infinito nei bambini.
Il bambino sembra vivere in una diversa realtà, in una diversa dimensione: l'infinitudine.
L'orizzonte di un bambino, il suo spazio interno, non ha confini.
Un orizzonte dove sono presenti tutte le possibilità, anche se non manifeste, a cui attingere e da cui può affiorare un tutto provvido e senza limiti.
Mi viene in mente una analogia con la ricerca scientifica, ad esempio sulle dimensioni dell'universo, da cui forse la scienza potrebbe trarre qualche suggestione.
L'universo, interiore ed esteriore, non ha confini.
E i bambini, semplicemente, lo vivono: siamo noi a non accorgercene.
Ma la cosa essenziale non è tanto nella misurazione di quei confini (che ce ne facciamo ?), bensì nell'essere collocati in quel "senza confini", nella infinitudine.
Il bambino l'infinito lo sperimenta dentro di sé, come uno spazio senza confini.
Questa assenza di confini è, per il bambino, parte della sua esperienza, della sua vita, e la vive in totale serenità e fascino.
Cosa voglio dire?
Che per il bambino la realtà (interna ed esterna) è una infinitudine di possibilità, come una tavolozza magica, da cui trarre qualsiasi dipinto, qualsiasi musica, qualsiasi avventura.
È lì, a disposizione, come il cielo, le nuvole, le stelle.
È una tavolozza inesauribile di possibilità, che il bambino vive con attrazione e magia.
Un panorama che si rinnova, si diversifica, si apre su altri scenari, su nuovi sapori.
Il bambino ci sguazza nell' infinitudine, serenamente, fluidamente.
È della stessa qualità dell'aria che si respira, del mare per i pesci.
Questo universo interiore (o esteriore ?), questa infinitudine, non è per niente fredda e neppure estranea. E’ esattamente ciò che noi adulti abbiamo smarrito. Un universo caldo, fatto apposta per noi. E’ proprio la nostra casa accogliente, dove trovare ciò che ci è necessario per vivere ed essere felici. Qualcosa che vive con noi, in armonia e premura, che ci accompagna nell’esistenza: E’ l’esistenza !
Poi arriviamo noi, ci pensiamo noi ad erodere progressivamente quel "paradiso", a restringerne i confini, a limarne la gioia, a riportare i bambini "sulla terra": terra-terra.
E ci sembra pure di aver realizzato una grande opera, di aver fatto loro del bene.
Gli insegniamo come è fatta la "vera" realtà, sentendoci autentici “salvatori”, quelli che dilatano le possibilità e le offrono come oro colato, pietre preziose.
Si mette in gabbia e lo si chiama "liberazione", emancipazione, civiltà.
Non vediamo che siamo dei mutilatori di possibilità.
Strappiamo le ali e lo chiamiamo opportunità.
Siamo apostoli del niente, cantori del buio, siamo solerti costruttori di reticolati.
Ancoriamo il volo dei bambini con un filo, perché "non si perdano": strana intenzione per chi si è perduto da un pezzo.
L'infinitudine è lo sfondo all'interno del quale il bambino vive, è una percezione piuttosto che una realtà immediatamente sperimentabile.
È il suo mondo, quello che si è portato dentro, quello che lo ha accompagnato all'inizio della sua avventura nella vita.
Siamo noi gli alieni, che riduciamo quell' infinito alla nostra misura, naturalmente poi lamentandoci, insoddisfatti.
E allora dobbiamo andare a scuola dai bambini, avvicinarci con rispetto a loro, osservarli, ripercorrere a ritroso il nostro cammino verso la nostra infanzia, quando i cancelli erano ancora aperti.
Ne va della nostra gioia, della nostra pienezza e autenticità, del nostro futuro.
Chissà che non possa essere una straordinaria opportunità anche per la scienza indagatrice del reale.
Forse non c'è solo da tenere pulite "le lenti" dei telescopi, ma anche da liberare la nostra immaginazione, che è la vera chiave di accesso all'infinitudine.
Potrebbe essere l'alba di un nuovo giorno per tutti.
Personalmente mi interessa di più scoprire la gioia dentro di me, piuttosto che sapere se c'è acqua su Marte.
Perso l'autentico "cielo" dentro di noi, resta solo la " realtà" vista attraverso delle sbarre, una "realtà" del tutto artificiale, di plastica.
Eppure l'infinitudine non si è mai eclissata, è nelle profondità di noi stessi: a noi trovarne la chiave.
Magari è dentro i nostri occhi, forse si è un po' arrugginita, ma ci attende.
Un orizzonte chiamato mistero gioioso e libertà.
E quanto è faticoso e folle inventarsi un "nuovo" orizzonte, del tutto artificiale, una prigione.
È la nostra smania di tenere tutto sotto controllo, quale specchio della nostra paura dell'esistenza, della nostra incapacità di accoglierla così com’è.
Abbiamo finito per far pesare la vita solo su di noi, svuotandoci di possibilità e appesantendoci vanamente.
Tutto ciò è esattamente ciò che noi spegniamo nei bambini: un vero, tragico, massacro !
Luciano Galassi
(6 agosto 2014)
“… la leggerezza, lo vedete, è donata ovunque. Se allo stesso tempo è rara, di una rarità incredibile, è perché ci manca l’arte di ricevere, semplicemente ricevere ciò che ci è donato ovunque”
Christian Bobin