UNA SCALA CHE SALE AL CIELO
Una scala che sale al cielo e non appoggia da nessuna parte.
E la scala dei bambini felici, che salgono e scendono senza mai stancarsi, ubriachi del loro gioco.
Un'altalena infinita. Verso il cielo libero e le nuvole, forse verso la luna e le stelle.
Un gioco senza fine, con i piedi leggeri, che volano.
È la fotografia della gioia senza un perché, tutta giocata nell'attimo.
I bambini vivono sul confine di due mondi, uno che è frutto del desiderio e della volontà, e l'altro che appartiene al fluire spontaneo delle cose, come lo sguardo rapito da un arcobaleno.
È un mondo che ci è madre: lo cogli nella carezza delle nuvole, in quella consistenza evanescente che dona acqua e refrigerio alla terra.
La tenerezza la assapori meglio accostandola al viso, e scopri un balsamo che ti scioglie.
Sciogliersi è necessario, come nutrirsi o dormire, serve a vivere, ad entrare in un altro mondo, ad essere più vero, come una sete di rivelazione più autentica, come irruzione di ciò che è santo.
Perfettamente sintonizzati, senza l'ombratura di una parola o di un pensiero quale nebbia.
I bambini accarezzano il mondo
e lo riempiono dei loro sorrisi.
Camminano per strade fiorite
e volano nella vastità dei cieli.
Abbiamo paura dell’autentica felicità – quella dei bambini – perché arriva a devastare tutti i nostri progetti, perché ci trasforma.
Ritrovare il sapore e il canto di un bambino innocente, limpido e aperto come un’alba, con occhi trasparenti e gioiosi, assetati di tutto.
Vorrei rigenerarmi nell’acqua viva del silenzio, volare e perdermi nelle sue terre senza confini.
C’è uno sguardo, vero e antico come il mondo, che si affaccia sull’azzurrità della vita, senza mai stancarsi.
Una navicella nell’infinito.
E ancora la vita splendidamente accade …
Luciano Galassi
(21 luglio 2014)